Zefiro e Merope: un amore in punta d’ali

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Zefiro e Merope: un amore in punta d'ali
Illustrazione di Gianluigi Susinno

Oggi il cielo è terso e l’aria piacevolmente tiepida mi scompiglia le punte delle ali.
Ho trovato una corrente ascensionale e mi faccio trasportare pigramente senza la minima fatica. Ah, fosse sempre così facile! A volte mi tocca volare attraverso venti, tempeste e temporali, ma quando lo stomaco brontola o l’amore chiama, non posso farci niente: devo spiccare il volo indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.

Ma torniamo a noi e alla nostra bella giornata primaverile. Sto cercando qualche prelibato boccone per la mia compagna: un panciuto topolino, un grasso rospetto o qualche coleottero colorato sarebbero perfetti. Tra poco sarà mamma per la prima volta e io diventerò papà.

Non riesco ancora a crederci, mi sembra ieri che ho lasciato il nido. Avevo appena cambiato il piumaggio infantile e la mia tecnica di volo era ancora un po’ rozza per la verità, ma ormai era passata la metà dell’estate ed era proprio il momento di crescere ed ora, avrò dei piccoli a mia volta: se ci penso mi trema il becco dalla punta scura fino alla cera gialla!

All’inizio della primavera ho incontrato Merope, la mia bellissima signora. Se ne stava appollaiata sul ramo più alto di un faggio centenario e scrutava la verde radura ai suoi piedi a caccia di qualche cosa da mettere sotto i denti. Il suo piumaggio brunastro luccicava nel sole di mezzogiorno e le forti ali erano ripiegate in una posa rilassata verso la coda. Gli occhi scuri parevano due pozzi di meraviglia… non ho saputo resistere: è stato un colpo di fulmine!
Con un paio di colpi d’ala mi sono portato nel suo campo visivo e ho iniziato a sbizzarrirmi per aria con le mie migliori acrobazie. Sono sempre stato un asso nel volo: non per niente mi chiamo Zefiro!

La bella e giovane poiana mi osservava pigramente di sottecchi, facendo finta di niente. Allora ho iniziato a cantare. Le ho dedicato la mia più sincera, sentita e appassionata serenata, una melodia dolcissima, ma voi umani dite che il nostro verso assomiglia ad un miagolio; lasciatemelo dire senza offesa: a volte non capite proprio un tubo. Io con i gatti non voglio averci niente a che fare: non ho i peli, non ho i baffi, non ho quattro zampe e, soprattutto, io so volare e plano sui topi dall’alto, come una saetta.

Insomma, per farla breve, con una pindarica acrobazia là e una cantatina qui, ho conquistato la bella Merope ed ora siamo qui, in dolce attesa di diventare genitori. Il nido lo abbiamo costruito proprio su quel bel faggio, una posizione perfetta: tanto sole, un bel prato dove cacciare con anche un ruscelletto di acqua fresca che scorre nel mezzo e una piacevole tranquillità, insomma una villa con vista panoramica, giardino e nessun vicino antipatico nelle vicinanze.

Tra qualche settimana le quattro uova che abbiamo deposto si schiuderanno e nasceranno i miei piccoli. Spero tanto che siano due maschi e due femmine e sono così emozionato che già ho scelto i nomi: Feronia e Demetra le pulcine e Silvano e Apollo i pulcini. Sono proprio dei bei nomi, importanti e solenni, come d’altronde lo è il nostro volo e la nostra figura.

Oh ecco laggiù il piccolo paese arroccato sulla montagna al margine del bosco.
Ogni volta che sorvolo questi tetti, tanti nasi si voltano all’insù e fissano la mia sagoma scura contro il blu del cielo. A volte qualcuno si confonde e pensa che io sia un aquila, un falco o un nibbio, ma il vecchio conte Von Roll, un ottantenne di nobili origini appassionato di zoologia, non sbaglia mai. Anche a grande distanza lui sa distinguere tutti noi volatili e non si limita a chiamarci con il nome comune, ma addirittura tira fuori il suo latino e ci ama così tanto che ha iniziato a darci anche un nome proprio: è lui che mi ha battezzato Zefiro e sempre da lui ho sentito parlare delle figure mitologiche con il cui nome vorrei chiamare i miei piccoli.

Anche in questo momento sono sicuro che sta parlando di me al nipote.
“Vieni qui Adalberto, corri fuori e lascia stare una buona volta la televisione! Guarda, sta passando Zefiro!”
Adalberto, un po’ di malavoglia per la verità, mi fissa, mentre il nonno continua con la solenne spiegazione: “Il nome scientifico della poiana è Buteo buteo, sai? Si tratta di un rapace che vola di giorno, all’incontrario dei gufi che preferiscono la notte.” Gli occhi del bambino perdono, finalmente, quella patina di disinteresse e indifferenza e si accendono di curiosità: “Nonno, anche io preferisco la notte, parlami dei gufi!”

Uffa e io che speravo di essere il protagonista di una bella lezione sui falconiformi, mi ritrovo,
invece, ad essere soppiantato dai gufi: ah ingiustizie divine. Pazienza, tra qualche tetto sbucherò sopra al polveroso cortile dell’asilo. La maestra è una suora tanto dolce e cara, ma un po’ superstiziosa. Fino a qualche tempo fa, ogni volta che passavo, apostrofava i bimbi affidati alle sue cure dicendo: “Se non fate i bravi la poiana vi porta via!”. Meno male che poi ha fatto due chiacchiere con il conte Von Roll e ha cambiato parere su di me, anche perché, se mai lo volessi e vi assicuro che non lo voglio, non potrei neanche per idea sollevare un bambino: peso un chilogrammo scarso, non ho la forza per sollevare neppure un neonato.

Adesso, ogni volta che volteggio sopra la scuola dell’infanzia, la suorina mi sorride e mi indica ai suoi piccoli. La scorsa settimana erano tutti fuori con il blocco da disegno e le matite colorate e mi stavano facendo un ritratto. I risultati, per la verità, non rendevano giustizia alla mia bellezza; in quei disegni sembravo un incrocio tra un pollo, un’anatra e un tacchino, ma va bene ugualmente. Con il tempo i bambini cresceranno e i loro disegni diventeranno più precisi, l’importante è che imparino ad amarmi e non ad avere paura di me.

Già che ci penso, questo piccolo paesino ha dato gli illustri natali ad un bravissimo pittore. Lui sì che saprebbe ritrarmi come si deve. Devo andarlo a trovare un giorno o l’altro. Ha il suo studio nel solaio di una vecchia casa e passa le sue giornate tra colori, tele e pennelli. Gli piace tanto ritrarre la natura, soprattutto le piante perché dice che è più facile dipingere una cosa che sta ferma. Non posso dargli torto, ma io fermo proprio non ci so stare, chissà se per me farà un’eccezione?

Ma basta perdersi in chiacchiere, devo sbrigarmi a trovare qualcosa da mangiare per Merope che, santa pazienza, sta tutto il giorno seduta nel nido a covare le uova. Deve tenerle belle al caldo per far nascere i nostri pulcini che presto saranno altri becchi da sfamare. Sarà dunque meglio che mi rimbocchi le penne delle ali e mi dia da fare.

Voi, se volete, potete continuare ad osservarmi con i piedi ben piantati per terra e il naso all’insù, mi farebbe piacere sapere che apprezzate le mie acrobazie aeree. Vi assicuro che, se avrete la pazienza e vi prenderete il tempo per guardare verso il cielo non resterete delusi. Vi prometto che darò il meglio di me: parola di Zefiro.

Ecco un altro racconto di BluttaBlatta ad essere apparso sul mensile Vivere la montagna.
Illustrazioni di Gianluigi Susinno.
Scarica qui il pdf del racconto e dell’illustrazione.
Se ti incuriosisce il mondo animale, troverai tanti racconti dedicati nella sezione “natura”.

Una lettura di BluttaBlatta
Suoni: Freesound Benboncan
Musiche: “Zazie” Kevin MacLeod (incompetech.com)

Chi ha scritto questo racconto

BluttaBlatta

"Un marito.
Due gatti.
Tanti libri.
Mille parole.
"
Martina Ravioli