Gli stivali di Natale

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Gli stivali di Natale

“Lo sapevo: gli stivali sono troppo grandi!»
La frustrazione accentua le rughe all’attaccatura del naso di quest’uomo di 55 anni dagli occhi chiari che si stringono d’allegria. Negli ultimi mesi, però, Giuseppe ride poco. Non ha un impiego ed è in quella infausta età in cui si è vecchi per il lavoro e giovani per la pensione.

Un giorno Carla, la moglie, lo ha sorpreso con un annuncio: «Tesoro, al supermercato cercano figuranti per interpretare Babbo Natale. Per stare a casa a deprimerti tanto vale che ti infili un costume e ti deprimi là: il nasone già lo hai in dotazione.»

Proprio questo ha colpito il Direttor Prevetini: «Assunto. Mi dia taglia e numero di scarpe per la divisa.»
E la divisa è arrivata, ma il miserrimo 39 di Giuseppe balla negli stivali. Tre paia di calze dopo il nostro Babbo Natale è pronto per il suo primo giorno di lavoro, ma dietro alla finta barba bianca, c’è un uomo sfiduciato.

Le domeniche passano, i regali crescono in numero e dimensione nei carrelli colmi di spesa spesso inutile, la temperatura cala e l’attesa per quella che dovrebbe essere la notte più magica dell’anno cresce.

Il giorno della Vigilia è da delirio e a fine turno Giuseppe non ha neppure voglia di cambiarsi in spogliatoio. Prevetini lo incontra all’uscita: «Giuseppe, ma cosa fa? La divisa va restituita! Eh va bé, fa niente. Al 27 però me la riporta in ufficio lavata e stirata, altrimenti gliela detraggo dallo stipendio.»

Giuseppe cammina mesto.
La pioggia si sta trasformando in neve: un manto bianco che cela la città nera e il nero umore dell’uomo.

Alza gli occhi al cielo e, d’improvviso, incrocia un paio di iridi azzurre colme di meraviglia che si spalancano su un sorriso sdentato. In pochi istanti dietro alla finestra illuminata si affastellano volti ridenti, labbra tremanti, sguardi di meraviglia e persino lacrime di commozione.

Il cuore di Giuseppe salta un battito quando si rende conto di trovarsi davanti al ricovero per malati di Alzheimer della città. Svelto tira fuori dalla tasca del panciotto il cellulare: «Carla, avvisa che ritardiamo la cena di famiglia: Babbo Natale ha una missione da compiere.» La moglie sospira, ma non chiede: sentire di nuovo vitalità nella voce del marito è il più bel regalo di Natale.

Il portone dell’Istituto di cura Ferretti si spalanca e insieme alla barba e agli stivali entra anche un po’ di neve che si posa sulle ginocchia di una nonna. Gli occhi vuoti di un giovanotto novantenne si accendono di gioia al saluto di Giuseppe: «Oh oh oh: Buon Natale!» Gli infermieri accorrono e trovano la magia: i loro anziani, troppo persi nella solitudine del dimenticare, sono tornati bambini. I ricordi, sepolti da anni di malattia senza cura, tornano a galla per brevi istanti di pura poesia.

Antonino accarezza la folta barba come quando, da bambino ha accarezzato il cucciolo ricevuto in dono. Mariuccia prova fugacemente la sacra soggezione che sempre avvertiva al cospetto di San Nicolao. Giosuè ha una rapida visione di quando era lui Babbo Natale per i nipoti. Ogni ospite ha qualcosa da ricordare e mai, come a Natale, le emozioni fanno riaffiorare il vissuto di ognuno.

Giuseppe dispensa abbracci e si prende il tempo di guardare negli occhi di chi non si riconosce più. Sorride quando la gobba Milena si raddrizza in tutto il suo metro e cinquanta per stampargli un bacio salivoso sulla punta del naso.

Due ore passano veloci, due ore che gli hanno cambiato la vita: dal 2 gennaio è assunto come tuttofare all’Istituto Ferretti.

È passato un anno da quando questa storia è iniziata e tra pochi giorni Giuseppe tirerà fuori dall’armadio la divisa; non l’ha mai restituita a Prevetini, che puntale gliel’ha detratta dallo stipendio.
Poco importa: i suoi vecchietti hanno bisogno di credere in qualcosa e la felicità sui loro volti val bene questo piccolo prezzo.

Tra pochi giorni Giuseppe tornerà ad essere un Babbo Natale speciale, non per i bambini, ma per coloro che nell’infanzia hanno i ricordi più belli: gli unici che per un momento li rendono ancora persone.

Giuseppe sorride. Si è dimenticato di un fatto fondamentale: «Carla, preparami tre paia di calze! Il mio piede è rimasto troppo piccolo per questi stivali!»

Racconto dedicato al Natale, pubblicato sul supplemento del Corriere del Ticino  “Le nostre Feste” del 11.12.2019.
Per leggere altre storie di ricordi ed emozioni provate a fare un tuffo nella sezione “memoria“.

Una lettura di BluttaBlatta
Suoni: Freesound D. Jones, 1Tmsounds
Musiche incompetech.com: “Oh, Christmas Tree” di Kevin MacLeod

Chi ha scritto questo racconto

BluttaBlatta

"Un marito.
Due gatti.
Tanti libri.
Mille parole.
"
Martina Ravioli