Il viaggio di Azzaam

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Il viaggio di Azzaam

Ed improvvisamente giunse il segnale!

Il viaggio era nell’aria già da diverso tempo, più volte era parso il momento giusto e poi chissà perché, forse le condizioni erano mutate, il tutto era stato rinviato a data da definirsi.
Quella però era la volta buona, nessuna possibilità di esitare o tirarsi indietro e così la partenza era stata a dir poco repentina e caotica, quasi da togliere il fiato e bruciare all’istante tutte le energie così preziose per il lungo tragitto da percorrere.

Era notte, buio pesto ed Azzaam aveva paura; a dispetto del suo bel nome che significava determinato e risoluto, era in un lago di sudore e non sapeva cosa fosse meglio fare, se seguire qualcuno o trovare da solo la rotta migliore. Il buon senso, che però si sa non è prerogativa dei giovincelli, suggeriva di accodarsi tranquillamente e lasciarsi guidare dai più esperti ma…il guaio era proprio quello: lì di viaggiatori navigati, che potessero indicare la via più facile e guidarli sani e salvi alla meta, non ce n’erano, poiché dai precedenti viaggi nessuno era mai tornato vivo a raccontare, descrivere o istruire.

Erano partiti in moltissimi e Azzaam li aveva ogni volta invidiati, fremendo affinché arrivasse anche il suo turno, ma adesso che aveva oltrepassato il punto di non ritorno si sentiva perduto; nessuno si curava di lui anche se era piccolo (d’altronde la maggior parte di loro erano piccoli!) e ognuno pensava solo a se stesso, ma non per egoismo o malvagità, bensì per puro istinto di sopravvivenza!

Le forze andavano opportunamente dosate, la strada, lo si intuiva, sarebbe stata irta di ostacoli e forse addirittura letale, quindi il senso di appartenenza ad una grande famiglia, che fino a pochi attimi prima compattava il gruppo di viaggiatori alle prime armi, era andato a farsi benedire, rimpiazzato dalla quasi certezza che fermarsi ad aiutare chi era in difficoltà avrebbe significato la fine del viaggio e in definitiva la morte.

Inizialmente, nonostante l’entusiasmo, Azzaam aveva avvertito una lieve esitazione, come un sesto senso che suggeriva di lasciar perdere, che era meglio, che il cammino era troppo pericoloso; all’arrivo non si sapeva quanto mancasse e di riposarsi e rifocillarsi lungo la via non se ne parlava neanche! La fastidiosa vocina tuttavia era svanita quasi subito e l’idea di tornare indietro era stata presto scartata.

A pensarci bene, cosa si lasciava alle spalle Azzaam?
Il luogo natio, questo sì, ma a dire il vero poco altro, poiché lì per lui e i suoi compagni di avventura, o forse sventura, non c’erano prospettive, nessun futuro. Restare e arrendersi senza nemmeno tentare la via del cambiamento? Assolutamente no! Non aveva nulla da guadagnarci e così quella torrida notte d’estate anche Azzaam era finalmente partito.

Un paesaggio monotono e cupo, una corrente incessante e la totale mancanza di punti di riferimento circondavano il piccolo da ormai…quanto? Mah, non lo sapeva nemmeno più lui!
Da principio, animato dalla voglia di scappare, dalla sete di esplorare e dalla smania di raggiungere presto un luogo sicuro, Azzaam aveva cercato di tenere il passo con i più veloci, ma ben presto aveva capito quanto fosse inutile e controproducente; tanti di coloro che lo avevano spavaldamente superato, ora giacevano morti o privi di sensi, mentre altri, forse impazziti per la fatica, avevano completamente perso la bussola e tornavano sui loro passi.

Possibile che niente e nessuno venisse loro in aiuto?! Eppure…sì, qualcosa si stava muovendo nella corrente e pareva proprio che qualcuno avesse gettato loro delle sottili corde cui aggrapparsi; lui non aveva certo perso l’occasione e, con uno slancio che gli aveva richiesto uno sforzo immane, era riuscito ad afferrarne una. Ma, ma cosa diavolo succedeva adesso? Perché nessuno issava quella benedetta fune tirandolo così in salvo? Perché quella che era sembrata la salvezza, ora mutava repentinamente in rovina? La corda aveva cominciato a frustare Azzaam, lo colpiva, lo respingeva… Oh mio Dio aiuto, aiuto!

Nessuno sa come, ma il piccolo era riuscito a liberarsi e vagava alla deriva, stremato e senza meta, insieme a pochi sopravvissuti come lui, finché per pura fortuna aveva trovato riparo da quel mare aperto ed ostile inoltrandosi in uno stretto canale e lì si era come assopito. Seppur breve, quel riposo era bastato a restituirgli la forza di volontà scemata durante il cammino e lui, come a rendere onore al nome che portava, era ripartito a testa bassa, deciso a non mollare finché non fosse giunto a destinazione.

Là dentro Azzaam si sentiva quasi soffocare, sopraffatto da un senso di claustrofobia, quand’ecco che senza preavviso alcuno, si era materializzata proprio davanti a lui: eccola, eccola la salvezza di un approdo sicuro, una seconda casa dove cominciare tutto dall’inizio, costruendosi finalmente una vera vita!

C’era solo da superare un ultimo ostacolo non da poco: il piccolo non era il benvenuto, era giunto fin lì di nascosto, senza permesso di soggiorno, quindi nessuno lo aveva accolto a braccia aperte, anzi la via d’accesso era stata accuratamente occultata ed occorreva trovarla al più presto.

Azzaam tastava quel muro che pareva infinito, cercando una porta, un passaggio segreto, un cunicolo ma niente, non c’era verso di trovare l’entrata, e la rabbia cominciava a montare dentro di lui!

Una rabbia profonda e incontrollabile che, impossessandosi del suo corpo lo aveva spinto a compiere un gesto all’apparenza assurdo: non sapendo che altro fare, egli prendeva letteralmente a testate il muro!

Una sottile crepa andava ora tracciandosi sulla parete, si allargava lentamente e la fessura che ne era scaturita aveva consentito ad Azzaam di infilarsi all’interno e lasciarsi scivolare a terra ormai stremato.

Tutto lì era così calmo e tranquillo, come se fosse giunto in un altro modo, tanto che il piccolo, rassegnato, ora pensava una sola cosa: “Sto per morire!”
Ormai però non gliene importava più niente e si sentiva stranamente in pace…

Che non era morto, che si chiamava Azzaam, che era un bambino determinato, risoluto e, diciamoci la verità, anche molto fortunato, glielo avrebbe spiegato la sua mamma, nove mesi dopo.

Racconto pubblicato nell’antologia “Passaggi” edita a seguito del concorso di narrativa “Fuori dal Cassetto” a cura di Testi&Testi Associazione Culturale.
Se vi piacciono i racconti dal finale inaspettato provate a leggere “Luna di Sangue“.

Una lettura di Francesca Ravioli
Suoni: Soundbible Snottyboi, Mike Koenig
Musiche incompetech.com: “The ice Giants” e “Feather Waltz” di Kevin MacLeod

Chi ha scritto questo racconto

L'ospite: Francesca Ravioli

Classe 1975, moglie orgogliosa di Gio e mamma felice di Nicolò.
Ha una maturità conseguita al liceo linguistico, e una lunga esperienza nel segretariato medico.
Si rilassa con passeggiate in montagna e giardinaggio.
Si diletta con creazioni manuali di bricolage.
Si diverte nella stesura di racconti e nella lettura ad alta voce.