Blume e le “Pelosone”

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Illustrazione di Gianluigi Susinno

Grüezi! Ehm, no scusate, volevo dire: salve!

Cosa ci volete fare: vivo in Ticino da tanti anni ormai, ma sono nata e cresciuta in una bella fattoria della Simmental e ogni tanto il mio dialetto bernese si fa sentire. Come sono arrivata sui monti del Malcantone? Mh, sicuri di volerlo sapere? E va bene, incominciamo dall’inizio allora.

Mi chiamo Blume, che in tedesco vuol dire fiore, ma gli amici mi chiamano Blu. Ho una folta capigliatura nera, bianca e rossiccia e ho 4 zampe. Sì, avete capito bene. Sono un’orgogliosa rappresentante dei Bovari del Bernese e sono nata nel cuore dell’Oberland, nella più bella fattoria della valle, con un sacco di mucche, galline e, ovviamente, cani. Sono l’ultima di 8 fratelli: una vera ciurma! La nostra fattoria era grande e famosa e quando scendevamo dall’Alpe, all’inizio dell’autunno, venivano a vederci in migliaia. Le mucche erano incoronate come delle regine e i grandi campanacci si sentivano fino al paese vicino. Io tiravo orgogliosa il tipico carretto con i bidoni del latte e, modestamente, ero ammirata da tutti.

Poi, però, la mia padrona è diventata una vecchina tutta gobba e raggrinzita e così la fattoria è stata presa in mano dal figlio. La mia amica umana è venuta a vivere in Ticino – dice sempre che il sole della “Sonnestube” le fa bene alle ossa – e io sono venuta con lei. E così abitiamo qui da un po’, ma l’inizio non è stato facile. La mia padrona sostiene che “Aller Anfang ist schwer” e ha ragione! Ogni volta che si comincia qualcosa di nuovo – una scuola, uno sport, un’attività – capita che si abbia paura, ma superato l’inizio tutto diventa più facile.

Non so voi, ma io sono grande, grossa e coccolona, ma anche un po’ fifona e così il mio inizio sui monti del Sottoceneri è stato traumatico. Appena siamo arrivate qui, mi è quasi venuto un infarto. Volete sapere il perchè?

Era una bella giornata di primavera e l’Autopostale ci ha lasciato vicino alla nostra nuova casa. Sono scesa e, dietro un esile steccato, ho visto una montagna. Non pensiate che io stia esagerando, era proprio una montagna: piena di pelo rosso, con due corna gigantesche e pesante almeno 500 kg. E poi dicono che sono grassa io, con che coraggio mi domando?!
Ad un certo punto la montagna si è girata verso di noi e ha sbuffato. Io credo che ci stesse anche osservando, ma non ne sono così sicura perchè il pelo le copriva persino gli occhi.

“Ma che bella pelosona che sei. Guarda Blu, c’è anche un vitellino! Questa deve essere la sua mamma. Lo sai che i piccoli di questo tipo di mucca vengono chiamati piccinini?”
La mia padrona era tutta contenta, ma io non potevo crederci. Queste montagne pelosone erano mucche? Ma che fine avevano fatto le mie amiche dal pelo corto, le corna piccole e gli occhi bene in vista della fattoria nell’Oberland? Così ho fatto un mezzo mugolio di disapprovazione e sono entrata in fretta e furia nel mio nuovo giardino.

“Ma dove corri Blu? Non dirmi che hai paura.”
Paura io? Ero così indignata che non mi sono scomodata a rispondere, ma a voi posso confessarlo: avevo una fifa blu, proprio come il mio nome, mi tremavano anche le punte delle orecchie. I primi giorni sono stata quasi sempre in casa e anche le pisciatine le facevo in fretta e furia per evitare di trovarmi da sola con una di quelle spaventose pelosone. Poi, però, ho iniziato ad osservarle.

Grandi erano grandi, su questo non si discute, ma erano anche tanto calme e pacifiche: non le ho mai viste arrabbiate, tranne quando dovevano difendere il loro piccinino da qualche monello che, avvicinandosi allo steccato, gli tirava i sassolini. Allora sì che si infuriavano, ma chi non lo farebbe? Se qualcuno toccasse i miei cuccioli diventerei feroce anche io e detto da me, che sono la razza di cane più buona e pacifica del mondo, è tutto dire.

Sentendo chiacchierare la mia padrona con il vicino, l’allevatore delle pelosone, ho scoperto che si chiamano mucche Highlander poiché, a quanto pare, sono originarie di un posto lontano che si chiama Scozia. Questo me le ha fatte stare subito un po’ più simpatiche perché allora anche loro, o almeno i loro avi, sanno cosa vuol dire traslocare e quanto possa essere difficile adattarsi a un posto nuovo, anche se loro, per la verità, sembrano essersi trovate da subito benissimo.

Ho anche visto che sono delle “buone forchette” e mangiano tutti i tipi di erba. Bè, anche io sono una mangiona, quindi abbiamo un’altra cosa in comune. E come se non bastasse abbiamo una terza somiglianza: il pelo! Folto il loro e folto il mio. Adatto al freddo il loro e adatto al freddo il mio (infatti a entrambe non dispiace più di tanto stare fuori d’inverno). Rossiccio il loro e rossiccio, in piccola parte, anche il mio. Poi bè, loro hanno poca ciccia, io un po’ di più, ma non fissiamoci su questi dettagli! A nessuna femmina piace sentirsi dire che è cicciotta e io non faccio eccezione quindi, se anche doveste pensarlo, per favore non ditelo.

Comunque, torniamo a noi. Avrete ormai capito che man mano che passavano le settimane ho trovato sempre più cose in comune con le mie nuove vicine e un giorno ho preso il coraggio a quattro zampe e sono andata a salutarle.

“Good Moring” mi ha detto la montagna pelosona.
“Grüezi” ho risposto io.

E così tra inglese, bernese e dialetto ticinese abbiamo iniziato a chiacchierare. La più simpatica è la matriarca ed ha 25 anni! Una bella età, non c’è che dire. Ed è anche mamma di 16 piccinini, ormai cresciuti. La piccola mandria accanto alla mia casetta comprende 6 pelosone simpaticissime e ormai siamo diventate inseparabili.

“Ehi Blu, vieni qui è ora di cena. Basta spettegolare con le tue amiche mucche, è tutto il pomeriggio che sei fuori.” Ecco, è la mia padrona che mi sta chiamando, sarà meglio andare. Io amo i vizi e di notte dormo in casa, ma le mie amiche dormono fuori anche di notte e stanno benissimo.

L’altro giorno Gertrud, la matriarca, mi ha però confessato che un po’ le manca il cielo delle Highlands scozzesi perché lì è tutto buio e le stelle si vedono bene, mentre qui c’è troppa luce di notte – gli umani lo chiamano “inquinamento luminoso” – e la via lattea ormai non si scorge più. Io mi chiedo come faccia a vedere alcunchè con tutto quel pelo davanti agli occhi, ma se Gertrud dice una cosa puoi star sicuro che è quella: lei non mente mai.

Io non posso fare nulla, ma forse voi sì. Prima di tutto quando vedete una delle mie pelosone salutatela, ma con rispetto. Non tiratele sassolini e non fatele le boccacce perchè ci vede benissimo! Poi non abbiatene paura, è buona come un pezzo di pane, ma state attenti a non avvicinarvi troppo se ha un vitellino perché diventa protettiva. E per l’inquinamento luminoso? Spegnete sempre la luce quando non vi serve, sia in casa che in giardino. Così anche tutti noi, umani e animali, potremo ricominciare a vedere le stelle.

Come? Avete paura del buio? Bè, ogni inizio è difficile, ma dopo la prima notte stellata, sono sicura che non avrete più nessunissima fifa. Lo dice anche Gertrud e, se lo dice lei, potete andare sul sicuro. Auf wiedersehen! Ehm, no scusate, volevo dire: arrivederci alla prossima!

Ecco un altro racconto di BluttaBlatta ad essere apparso sul mensile Vivere la montagna.
Illustrazioni di Gianluigi Susinno.
Scarica qui il pdf del racconto e dell’illustrazione.
Se ti incuriosisce il mondo animale, troverai tanti racconti dedicati nella sezione “natura”.


Una lettura di BluttaBlatta
Suoni: Freesound Lg, Vinjatovix

Chi ha scritto questo racconto

BluttaBlatta

"Un marito.
Due gatti.
Tanti libri.
Mille parole.
"
Martina Ravioli