Anche io ho diritto di sognare

A
L'asino, il protagonista di questo racconto.

Ecco: sono qui. Come sempre direi.

Il mio piccolo angolo di mondo è separato dalla strada polverosa da una staccionata traballante e che avrebbe bisogno di una sistemata. Dovrei parlarne con il padrone di casa, lo so, ma so anche che non mi ascolta e mi considera un villico frutto del peccato. Che poi, che colpa ho io se la mia nobile madre di augusta discendenza ha ben pensato di spassarsela con il mio babbo, un contadinotto non troppo istruito, ma simpatico, fortissimo e cocciuto come pochi? Ormai sono un signore di mezza età, ma la gente del paese ancora mi guarda come un fenomeno da circo. Pazienza, ci sono abituato.

Ma torniamo a noi, Signore e Signori, altrimenti va a finire che questa storia non ve la racconto più.

Stavo dicendo che dal mio piccolo angolo di mondo, sempre uguale a sé stesso, ho una visuale privilegiata sulla lunga strada che dritta si allontana dietro la morbida altura alle spalle del paese. Spesso, la sera, finita una giornata di duro lavoro, appoggio la testa stanca e ciondolante alla staccionata e sogno i mille posti che mai vedrò e che iniziano dove finisce l’orizzonte. Che voglia di partire, che desiderio di mettermi in cammino lungo quel nastro di ghiaia e terra battuta. 

La strada mi chiamava, ma la brusca realtà mi riportava con i piedi ben piantati per terra. Dove mai sarei potuto andare io?

Oh, come invidiavo, i bianchi cavalli del Marchese di Verona. Tutti i giorni la sua carrozza passava lungo la strada. Il marchese faceva un giro per le sue proprietà e spesso lo accompagnava la sua figliola più grande che sempre mi salutava con un sorriso timido e birichino. Io, per la verità, non ho mai avuto il coraggio di contraccambiare. Non volevo certo prendermi una bastonata dal nobile padre! Ma non era tanto il Marchese che invidiavo, quanto i quattro magnifici equini che, nobili e arroganti come solo i cavalli sanno essere, trainavano quel cocchio degli dei. Loro sì che avevano conoscenza del mondo e che custodivano gelosamente il segreto della strada infinita. Mai neanche una volta, però, giravano i loro musi verso di me misero. Tiravano dritto per la loro strada che avrei tanto voluto fosse anche la mia.

Ma questo succedeva qualche anno fa, miei cari, e non so neppure perché vi ho raccontato questi ricordi. La vera notizia è cosa fresca di giornata! Domani passeranno di qui centinaia di cavalli e, da quello che ho sentito dal Gino che parlava con un forestiero, un certo Tazio mi pare, correranno velocissimi!

Non sto nella pelle. Altro che il tiro a quattro del Signor Marchese. Per fortuna domani non si lavora e potrò mettermi bene in prima fila a veder passare i grandi corridori.

Eccoci Signori, sono solo le cinque di mattina, ma io sono già sveglio da un pezzo. Sono così eccitato che mi par quasi di aver dormito in piedi. 

Passano le ore e la strada inizia a riempirsi di gente. Non pensavo che ci fossero così tanti appassionati di cavalli al paese. Alcune facce, poi, non le ho mai viste. Devono essere venuti anche da lontano, anche da oltre l’altura per vedere questo magnifico spettacolo. Qualche impertinente mi si piazza davanti. È vero che fuori dalla staccionata è strada pubblica, ma ci metto poco a farli scansare. Sono così eccitato che potrei mordere.

Ci siamo quasi, me lo sento. E infatti dal fondo del paese inizia a sentirsi il boato della folla. Sono vicini, stanno arrivando…

In un lampo mi passano davanti agli occhi decine di veicoli. Quelle diavolerie moderne con quattro ruote che fanno un baccano del diavolo. Mi è parso anche di vedere a bordo di una di queste cosiddette automobili il forestiero: quel tale Tazio. Ma che importa: Io voglio vedere i cavalli.

Ma che strano, la gente ha smesso di esultare e i cavalli non sono neppure ancora arrivati. Non capisco. Forse è una specie di parata d’onore prima dell’inizio della gara? 

Ecco, ecco! Dal fondo del paese ricomincia il boato! Ora arrivano di sicuro. Ma non è possibile! Ancora queste vetture infernali e ancora quel Tazio in testa a tutte.

La cosa inizia ad innervosirmi e a quanto pare sono destinato a rimanere a bocca asciutta perché per venti volte si ripete questo spettacolo e di cavalli neppure l’ombra. 

Arriva la sera e, mogio, me ne torno verso casa. Sto per entrare nel mio rifugio quando, da dietro un angolo, spunta il padrone di tutta la stamberga che parla con il figlio, un ragazzaccio antipatico che spesso si fa beffe di me. 

Veloce come posso, vista la mia ormai veneranda età, mi nascondo dietro il muretto scrostato e drizzo le orecchie:

“Che bella corsa papà! Che grande il Tazio Nuvolari, che vittoria!” Esclama il giovane.

“Hai ragione, ma non dimenticare i due poveri gendarmi investiti. È una bella cosa questo sport, ma è anche pericoloso!” Risponde il padre.

“Chissà poi perché la forza di una macchina si misura in cavalli…”

Non riesco a sentire altro, i due sono entrati in casa. Peccato avrei voluto capire di più di questa storia. Cosa c’entrano adesso i cavalli con le macchine?! Forse che dentro alle vetture sono nascosti degli equini che corrono e fanno girare le ruote?

Ho idea che per me resterà un mistero. Pazienza. Questa notte sognerò ancora la mia strada infinita, ma forse non avrò le quattro lunghe zampe di un cavallo, ma le quattro rombanti ruote di un’automobile.

Cosa ci volete fare, Signore e Signori, sarò un po’ duro di comprendonio, ma anche un mulo come me ha diritto di sognare.

Racconto scritto per il concorso letterario indetto dall’Associazione “Scuderia del Pozzo” per rievocare la storica gara automobilistica del “Circuito del Pozzo“.
Nel racconto viene citato Tazio Nuvolari che ha partecipato alla competizione.
Scopri tanti altri racconti di ricordi e sensazioni nella sezione “memoria“.

Una lettura di BluttaBlatta
Suoni: Freesound Andune, Juskiddink, Escortmarius, Felix-blume, Ichapman, Timothy4y

Chi ha scritto questo racconto

BluttaBlatta

"Un marito.
Due gatti.
Tanti libri.
Mille parole.
"
Martina Ravioli