Le statistiche del trenino: quarto capitolo

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Le statistiche del trenino: quarto capitolo

Ecco il quarto capitolo de “Le statistiche del trenino“.
Se vi siete persi il terzo capitolo lo trovate qui.
BluttaBlatta vi augura buona lettura
.
Per scoprire di più leggi “Il bello di scrivere, leggere e ascoltare.

Aprile

“Ne sei sicura?”
Fabio guarda Lucia. È strano Fabio. Vorrebbe una Lucia solo per sé, ma quando ce l’ha a portata di mano non sa cosa dirle. È contento di questa nuova idea, gli piace il progetto e Prizziello gli sta pure simpatico, ma Lucia è distante. Vorrebbe una persona più umanamente controllabile e coccolabile? Forse. Forse, però, ne risulterebbe annoiato. In un crescendo di stimoli e confronti sono cresciuti e ora non si stupiscono più.

O meglio fino a ieri non si stupivano più. Ora sono seduti attorno ad un tavolo: Fabio, Lucia e Nando.
“Guagliò, nun me scassa!”
Prizziello è ormai in un trip che neanche dopo due litri di nocino. Si sente vivo, come da tempo non succedeva più. La sua Marì sarebbe orgogliosa.

La sera, prima di addormentarsi, la sente ancora: “Nando, fai bei sogni. Sogna un futuro migliore e domani al tuo risveglio realizzalo.” Donna pratica Maria: 92 Kg di potenza nordica, due bicipiti che maneggiano la “resena” della polenta come fosse l’archetto di un violino, due polpacci che Gino Bartali se li sogna e un cuore grande così. Sarebbe stata una buona mamma Maria. Ma: “Marì, se Dio nun vole, nun vole. Ce sta niente a’ fa!”

Pochi rimpianti di una vita passata assieme e ora la voglia di far rivivere la sua cascina è troppo forte. Voglia forse insana, ma inarrestabile. Il comune ha inoltrato l’offerta. Alcune decine di migliaia di euro e i 70 ettari diventeranno di chi li compra. A Lucia mancano i soldi, a Prizziello manca il tempo per portare a compimento un progetto magnificamente lungo. Insieme la società è perfetta. Lucia è titubante. Ha un sogno e lo vorrebbe conquistare da sola, ma sa che è impossibile.

“Lucì, da retta a sto vecchio rimbambito. La mia Marì diceva sempre che da soli è bello, ma insieme lo è molto di più.” Nando è convinto, Nando è una forza della natura, Nando ha le idee chiare. Un acquisto in società. Il mappale 153 resta a lui. Non ha la generosità o il coraggio di separarsene. Tutti gli altri mappali vengono comprati insieme al 50%. Nando mette il patrimonio, Lucia l’inventiva, il business plan e il progetto per far rivivere l’altopiano. La pelata di Prizziello brilla al sole d’aprile.

Fa un caldo insolito e le prime rondini già sono arrivate. Sono le vedette, mandate avanti dallo stormo per verificare che lungo il cammino sia tutto ok, che gli umani non abbiano fatto più danni del dovuto. La pelata è lucida, l’improbabile camicia tirolese è perfetta su Nando. Lucia lo guarda e riflette
“Nando, ci vorranno braccia per lavorare. Da soli non possiamo.”
“Lucì, la mia Marì diceva sempre che da soli è bello, ma insieme lo è molto di più.”
Oddio pensa Fabio: anche il vecchio arteriosclerotico ci mancava. Prizziello perde la memoria a tratti, ma risulta simpaticamente buffo e poi, se lo diceva Marì…

“Nando, la sai una cosa?”
Nando mette a fuoco Lucia. Una giovane donna strana, ma buona. Una ragazza che potrebbe essere sua nipote. A Marì sarebbe piaciuta. Una donna di paese, forte e radicata come lei.
“Madò Lucì e sputa sto rospo.”
Lucia guarda Fabio che, con rassegnata ilarità, annuisce. Guarda Nando e vede il suo futuro nel passato: “Compriamo!”

Due giorni di caldo africano seguiti da una pioggia battente. Lucia cammina curva sotto l’ombrello. Jeanette l’ha salutata con un veloce sorriso: il treno partiva. Sorride anche con la pioggia Jeanette, sorride alla vita. E così hanno comprato l’altopiano. Lei e Nando sono orgogliosi proprietari terrieri di una terra povera in canna, ma ricca in storia. Lucia cammina, cammina veloce, ma all’improvviso si blocca. Si trova stretta tra due braccia cicciotte sormontate da una zazzera di capelli neri.
“Mirco!”
Veloci parole, imbarazzate come da prassi. Sono passati ormai tre mesi da quando Mirco ha dato le dimissioni e incrociarlo per strada le fa il preventivato effetto. Mirco ora è felice, ha trovato un posto in biblioteca e non poteva chiedere di meglio. Lucia sapeva. Sapeva che chiusa una porta si sarebbe aperto un portone.

“L’ho visto bene, è felice ora.”
Ana annuisce. L’incontro di Lucia con Mirco non le interessa più di tanto, ma sapere che sta bene la felicita. Significa che c’è ancora speranza, significa che come Mirco e Lucia anche lei può trovare la sua giusta strada. Una vita senza infamia e senza lode. Un destino segnato da un carattere a tratti difficile e probabilmente astiosamente coerente. Anche lei ha un sogno. Sogna di essere migliore, sogna di primeggiare senza se e senza ma per una volta tanto. Sogna di creare un proprio laboratorio giochi. Creare giochi, giocare, allenare la mente e anche il fisico. Un luogo dove insegnare e imparare. Forse nel progetto di Lucia ci sarà spazio anche per lei, ma non sa se è questo che vuole.

“Così abbiamo comprato, perché sai come diceva Marì? Da soli è bello, ma insieme lo è molto di più!” Lucia ride di gusto, ad Ana manca la conoscenza diretta di Nando per approfondire l’umorismo intrinseco della cosa. Sarà anche che insieme è meglio, ma per stare insieme bisogna essere pronti e lei non lo è.

Entra la Grande Capa. Altro lavoro e altre rogne all’orizzonte. Dossier, fogli, verbali, appunti, progetti inconsistenti e scoperte del secolo. Insomma, la normale routine di una normale giornata lavorativa. Meno male che sono in due. Si pestano i piedi, ma combattono insieme. Lucia guarda la collega e intuisce il grigiore nascosto dietro ad un volto contornato da lunghi capelli neri. Il suo cervello si mette in moto. Grigiore… tristezza… nessuno scopo nella vita. Terra… lavoro… progetto. “Ci sono!”
Ana sussulta sulla sedia.
“Ma sei diventata matta?”
“Probabile!”
Ora Lucia sa. Sa dove trovare le braccia per lavorare. Deve parlare con Nando.

Prizziello strabuzza gli occhi. Ha due occhi piccoli su di un volto abbronzato e rubizzo. La sua Marì diceva sempre che erano come due stelline luccicanti. A causa dell’età la sua statura si sta drammaticamente accorciando e la gotta gli impone di arrancare a tre zampe con un vecchio bastone di legno nodoso. Gli occhi, però, sono sempre vispi e guardinghi. Hanno visto tanto gli occhi di Prizziello. Hanno visto il paese cambiare, se in meglio non lo saprebbe dire. Hanno visto e amato la sua Marì, l’hanno vista morire quando neanche più lo riconosceva. Alzheimer l’hanno chiamato. La memoria se n’è andata. Dissolta come nebbia al sole. Per qualche mese la memoria di Nando è bastata per due. Poi non più.

“Ma sei diventata matta?”
Eddaie pensa Lucia.
Prima Ana, ora Prizziello. Ma starà poi impazzendo davvero?
“Nando, ascoltami. È gente che non ha speranza. Sono persone che non vivono, ma vegetano. Cosa vuoi che succeda? Al massimo ci dicono di no.”
Lucia le braccia per lavorare le ha trovate. Bisogna vedere se queste braccia sono d’accordo.

C’è Lucio: un metro e novanta per 70 Kg di muscoli e nervi. Spesso alticcio, raramente ma epicamente ubriaco, forse ladruncolo. Quando ci sono feste da organizzare, panche da posizionare, tendoni da innalzare è sempre in prima fila. Potrebbe essere un buon lavoratore, ma la voglia un giorno è partita e non è più tornata.

C’è Franco: 43 anni di mediocrità conditi da dubbie doti canore. Un ragazzotto semplice, seppur schizzinoso. Parla poco Franco e quando apre la bocca per cantare meglio che stia zitto. Il coraggio di osare lo ha avuto una volta. Forse lo ha utilizzato tutto. Forse ne ha ancora un po’ per lanciarsi in una nuova avventura.

C’è Gino: un uomo e il suo cane. Si assomigliano persino. A volte sboccatamente volgare, sicuramente furbo e abbastanza racconta balle. Però c’è. Se c’è da fare una partita a scopa c’è. Se c’è da fare da taxi a qualcuno c’è. Se c’è da spiegare alla Sciura Annina come funziona l’ultimo modello di smartphone regalatole da un figlio distratto e incurante lui c’è.

C’è Pio: l’ipocrisia fatta uomo. Personaggio dubbio e guastafeste. Lucia non è sicura di lui, ma una possibilità e una richiesta la vuole dare e fare a tutti. Non è nato cattivo Pio. Forse lo è diventato, forse lo hanno fatto diventare. Da piccolo la poliomielite ha avuto la meglio. Ne è rimasto un povero storpio che non ha trovato la forza di riprendere in mano il destino. Ora è solo e passa il tempo a criticare tutto e tutti. Buona parte delle maldicenze di paese nascono da lui e se non nascono da lui, sicuramente da lui passano e si ingrandiscono.

E poi c’è il papà: il papà di Lucia. Nato capo e con l’artigianato nel sangue al posto dei globuli rossi. Bisognoso di un obiettivo da raggiungere, altrimenti insopportabile malmostoso. I denti traballano, le orecchie cedono e l’età avanza. Le mani, però, sono rimaste grandi e forti e il senso pratico è decisamente sviluppato oltre la media nazionale. A volte distorto e lo sa bene mamma. A volte indubbiamente efficace. Non ha un nome in paese. O meglio lo avrebbe, ma per tutti è il Fabbro. Il Fabbro sicuramente potrebbe essere d’aiuto. Dovrà stare attenta Lucia. Questa volta non vuole farsi rubare la scena da nessuno. Il Fabbro, in questo, sarà il principale antagonista. Lo metti a condurre un progetto e il progetto diventa suo. No: non questa volta.

“Sei sicura di voler parlare con loro?”
Fabio e Nando la guardano in attesa. Si sente un po’ un comandante di un vascello Lucia. Spetta a lei indicare la direzione e spetta a lei avere la forza di tenere in rotta il timone. Questo è il momento giusto per vedere se Lucio, Franco, Gino, Pio, il Fabbro sono persone o personaggi. Questo è il modo per ridare speranza, per restituire al paese quanto il paese ha dato.
“Sì.”
E così sarà.

“Guaglione nun c’è provà! A Nando non lo freghi cussì!”
Mitico Prizziello. Ottimo contrattista. Lucia è ammirata. Hanno iniziato da colui che, probabilmente a torto, ritenevano la persona più facile: il Fabbro. Il Fabbro è entusiasta, ci sta, è felice ed è pronto a dettare i dieci comandamenti del progetto: “Cascina Marì”. Nando è un po’ meno entusiasta, sicuro di non starci a queste condizioni, attualmente infelice. Ne segue una lunga e contorta discussione. Il Fabbro ha capito, il Fabbro starà al suo posto. Se ne sarà capace è tutto da vedersi.

“Certo che ci sarà un pagamento Lucio, ma non possiamo promettervi grosse cifre. È più che altro un rimborso spese, ma il vitto è offerto e quando le prime cascine saranno di nuovo case anche l’alloggio.” Fabio guarda la trattativa di Lucia. Lucia vs Lucio. Lucio è scettico. Ci deve pensare. Ha paura di non avere più tempo per cazzeggiare. L’aria aperta però gli piace. Nel bosco si sente libero e felice. Libero da un fratello ingombrante, da un implacabile giudizio della società, da se stesso. “Ci penso e ti faccio sapere.” Tre giorni dopo anche Lucio si unisce alla partita.

“Franco o sei dentro o sei fuori.”
Lucia non ha mai visto Fabio così deciso. Franco tentenna, più per abitudine alla monotonia che per vera negazione. Sarebbe utile averlo con loro. Le braccia sono buone e, nonostante le steccate, qualche canto farebbe pure piacere. Franco ci sta, ma non è la vittoria più grande. Fabio ci crede, Fabio è di nostri.

Lui non va neanche convinto. Appena si sparge la voce e arriva alle sue orecchie è Gino che si fa avanti. Gino vuole essere della cricca, Gino non ci pensa proprio ad esserne escluso. Insieme a lui: Bubu. Lucia sorride. Avere un barboncino come primo cane da pastore dell’altopiano è ironico, ma reale.

Pio no. Pio non ci sta. Anzi come prima cosa è andato in comune per verificare che potessero fare quello che stanno facendo. Quattro deficienti come loro. Non riusciranno mai a combinare nulla. La vita ha tolto tutto a Pio e ora lui vuole togliere tutto agli altri. Se pensano di passarla liscia si sbagliano. Li curerà giorno e notte e al primo passo falso saprà lui come sistemarli. La “Cascina Marì” non deve nascere. Piange Pio. Piange quando è sicuro di non essere visto e le lacrime le asciuga con un intreccio di malignità. Non conosce altro modo. Non vuole conoscerlo.

“E adesso?”
Sei uomini la guardano. Ognuno ha davanti una copia della presentazione di Lucia: “Progetto Cascina Marì: perché da soli è bello, ma insieme lo è molto di più!”
Fa scorrere gli occhi su quelle sei teste. Una donna e sei uomini. Quasi come Biancaneve e i sette nani. Strano a pensarci. Da sempre si è trovata meglio con il sesso opposto che con il mondo femminile. Avrebbe dovuto essere un Riccardo, poi è nata una Lucia. Ma va bene così. Basta far divagare i pensieri. Sei soldati l’aspettano. Tocca a lei trasformarli da gruppo allo sbaraglio in organizzata legione. “E adesso? … Adesso viene il bello”.

Quando prima ti dicono di sì e poi di no. Quando è tutto organizzato e ti fanno scappare la pazienza. Quando ti cambiano le carte in tavola dalla sera alla mattina. Lucia si è sempre chiesta come sia possibile che le persone non sappiano organizzare la propria vita da un giorno a quell’altro. Come sia possibile che se oggi penso nero domani penserò bianco. Viva la coerenza. Riflessioni notturne che svaniscono con il suono della sveglia. Riflessioni adattabili sia al lavoro che alla vita privata. Riflessioni in cui non perdersi, altrimenti se ne esce pazzi e a pezzi.

Pioviggina questa mattina. Quella piacevole e fastidiosissima pioggerella d’aprile.
86 con l’ombrello aperto, 25 con l’impermeabile, 14 senza niente e 3 con l’ombrello chiuso. 128 persone gocciolano sui pavimenti delle carrozze. Lucia ammira in particolar modo gli individui con l’ombrello chiuso. Una ragazza mingherlina, con due cuffie giganti e un blocco da disegno sotto il braccio. Un signore più vicino ai 70 che ai 60 che ascolta distrattamente quella che potrebbe essere la moglie. Una donna dalle forme morbide, sulla quarantina, che porta con disinvoltura un abito stampato a fiori. Tre persone che hanno modo di ripararsi, ma che deliberatamente decidono di affrontare quanto arriva loro. Tre anime che camminano sul sottile confine tra estremo coraggio e svilente menefreghismo. Lucia immagina le loro vite. Lucia è arrivata a destinazione.

Il lavoro oggi è grigio. Ana è silenziosa e riflette all’esterno un malessere interiore di cui Lucia ipotizza, ma ignora la causa. La Grande Capa è in vacanza (meno male) e i colleghi si sprecano in solite frasi fatte e in battute scontate. Anche loro personaggi e non persone di una realtà giornaliera che si snoda ora dopo ora. Lucia si astrae e si immerge nel suo mondo. Non può e non deve colpevolizzare nessuno. Il grigiore oggi viene anche da lei. Il sentirsi non amata, il sentirsi dietro le quinte senza essere pronta per il palcoscenico, il ricevere apprezzamenti sempre ed eternamente filtrati, lo sprofondare in una spirale di solitudine e dolore. Non cerca compagnia, ma forse la desidera. Non cerca comprensione, ma la vorrebbe come una morbida coperta dove riposare.

Eppure no. Non può tornare indietro. Non può essere trascinata agli inizi. È un’onda nera che Lucia tiene a bada ogni giorno. È uno tsunami che acquista forza ogni volta che gliene si dà occasione. È una tenebra che ti trascina nell’ombra con i suoi artigli. Ora però non è sola. Si è accorta che ci sono anime attorno a lei che inconsapevolmente la aiutano a sfuggire a questo vento gelido, che la proteggono dalla triste pioggia sferzante: Jeanette, Nando, Ana, Fabio. Forse anche il Fabbro, Lucio, Franco e Gino. Ognuno a suo modo e da ognuno ingiustamente Lucia pretende qualcosa. Non dovrebbe e lo sa, ma solo così va avanti. Sopra il grigio c’è il sole.

Quattro mesi

L’anima sbuffa.
Quattro mesi fa si è imbarcata in un’impresa che pensava difficile, ma non immaginava quasi impossibile. Lucia è un tipo tosto e l’anima lo sa bene. È una pedante scassascatole, ma è l’unico essere umano che ha e deve farsene una ragione. L’anima pensava che sarebbe bastato Napo a far entrare la luce nella vita di Lucia. Si sbagliava, ma non del tutto. Napo ha aperto la strada, la Cascina Marì l’ha continuata e ora serve qualcosa per spiccare il volo. Qualcosa che faccia spuntare le ali a Lucia e che le permetta di volare quando lo tsunami è pronto a travolgerla.

L’anima qualcosa si inventerà. Sa bene che non può filare tutto liscio e che ci saranno alti e bassi. Sa bene che non è un romanzo, ma vita vissuta. Sa bene che per avere un lieto fine ci sarà da combattere. L’anima ora è più forte. Ha più spazio all’interno di Lucia e, nonostante il grigiore, ha buone possibilità di farcela. Non deve mollare però. Non deve permettere una recessione. L’anima è malinconica. L’anima ama la sua umana. L’anima ha capito: per far spuntare le ali a Lucia serve l’amore. Lucia deve imparare ad amare.

“Le statistiche del trenino” continua sabato 10 ottobre 2020 con un nuovo capitolo. Non perdetevelo!

Una lettura di BluttaBlatta
Suoni: Freesound Inchadney, InspectorJ, Reitanna, Emanuele Caro, Pashee
Musiche incompetech.com: “Teddy Bear Waltz” di Kevin MacLeod

Chi ha scritto questo racconto

BluttaBlatta

"Un marito.
Due gatti.
Tanti libri.
Mille parole.
"
Martina Ravioli