Normale

N
Normale

La palla atterrò a mezzo metro dai piedi e di rimbalzo schizzò in direzione della sua testa.

Per Attilio protendere le braccia ed afferrarla al volo fu un gesto istintivo e rovinoso. Quello scatto repentino lo aveva sbilanciato a tal punto che l’uomo, tutt’uno con la sua carrozzella, si era rovesciato all’indietro, finendo col cozzare violentemente contro il fondo stradale. Riaprendo gli occhi si ritrovò a fissare il manto color albicocca della pista ciclopedonale.

«Ma porca di quella…»
Tuonò Attilio, inviperito.
«Urca che botta! Ti sei fatto tanto male signore?»
Una divertita vocetta aveva interrotto l’imprecazione del poveretto, che ora si sentiva tirare maldestramente per le spalle, in un vano gesto di aiuto.
«Lasciami stare! Faccio da me, cosa credi?!»
Aveva risposto in malo modo Attilio, salvo pentirsene non appena, rialzato lo sguardo, aveva intuito la giovanissima età del suo soccorritore.

Il bimbetto, incurante di quell’atteggiamento scorbutico, non si era lasciato intimidire e, gonfiata un’enorme bolla con la sua cicchetta rosa, l’aveva lasciata scoppiare a dieci centimetri dal volto di quell’omone. Le guance paffute avevano ripreso immediatamente a masticare con vigore e i vispi occhietti fissavano senza imbarazzo il malcapitato. Accortosi della spavalderia del moccioso, Attilio, tornato rude ed antipatico, cercava ora di toglierselo di torno.

«Bè, cosa diavolo hai da fissarmi a quel modo? La tua palla è là, non vedi? Prendila e smamma».
Filippo, scoppiando in una fragorosa risata, cominciò allora con fare da saputello: «Mica ti devi arrabbiare così, sai? Pure io sono caduto un milione di miliardi di volte, ma poi ho imparato a prendere la palla, senza andar giù come un salame. Prima mi sbucciavo sempre le ginocchia, strappavo i pantaloni e la mamma si arrabbiava; adesso guardami…» E così dicendo il marmocchio lanciò e riprese al volo il grosso pallone da basket, tutto soddisfatto.

Attilio stava già per replicare che lui non aveva certo bisogno di lezioni da un salta fossi, ma non ne ebbe tempo, in quanto il bimbetto già proseguiva:
«Il Gianni dice sempre “Su su alzati, senza tante storie!”»
«E chi sarebbe sto Gianni?» Chiese l’uomo, infastidito.
«Non conosci il Gianni?! Ma è il più migliore maestro di basket del mondo! È un pochetto severo, ma ci fa un sacco ridere. Io facevo come te: frignavo per ogni caduta e mi scappavano pure le parolacce; tipo “pavimento di cacca”, “cretina d’una palla”» Ammise Filippo arrossendo.

«Va che io ho ben ragione di incavolarmi e lagnarmi. Non lo vedi dove diavolo sto inchiodato?» Esclamò allora Attilio, che nel frattempo era riuscito a tirarsi su raddrizzando la carrozzina.
«Bello comodo sulla sedia, ho visto! Però sei proprio uguale a me».
«Scusa..?»
«Ma sì, dai! Ti arrabbi un sacchissimo quando cadi, ma poi ti rialzi».
Rispose candidamente il piccolo. E speranzoso aggiunse:
«Ritorni domani?»
«Se mi insegni a non cadere…»
Sussurrò imbarazzato Attilio, sentendosi per la prima volta straordinariamente normale.

Racconto partecipante al “Premio artistico-letterario internazionale Giuseppe Melchionna – L’attimo che ti cambia la vita – 4ª edizione 2019” indetto dall’Associazione Prodigio Onlus e pubblicato nella relativa antologia. Se le storie di forza morale e coraggio ti piacciono, prova a leggere “Il viaggio è la meta

Una lettura di Francesca Ravioli
Suoni: Soundbible Mike KoenigAnn H


Chi ha scritto questo racconto

L'ospite: Francesca Ravioli

Classe 1975, moglie orgogliosa di Gio e mamma felice di Nicolò.
Ha una maturità conseguita al liceo linguistico, e una lunga esperienza nel segretariato medico.
Si rilassa con passeggiate in montagna e giardinaggio.
Si diletta con creazioni manuali di bricolage.
Si diverte nella stesura di racconti e nella lettura ad alta voce.