Oltre la tua perdita

O
oltre la tua perdita

«Noo!»
Giorgio si ritrovò a sedere sul letto.
La fronte madida di sudore e l’aria che sembrava non trovare la strada verso i polmoni. Almeno fosse stato così! Morto quel maledetto giorno… Invece qualcosa o qualcuno lo aveva trattenuto su questa terra, mentre lei se n’era andata per sempre.

Il caldo infernale e l’attesa sulla pista dell’aeroporto, pigiati all’inverosimile nel 737, sembravano non finire mai. Poi finalmente il decollo e la splendida terra che li aveva deliziati con la sua natura lussureggiante e il mare di una bellezza mozzafiato, spariva lentamente nel blu ipnotico dell’oceano. Ultimi sbiaditi ricordi di Giorgio.

L’improvvisa picchiata del velivolo, urla, terrore ed infine lo schianto, erano stati rimossi dalla sua mente, in un tentativo di autodifesa etichettato come amnesia da shock post traumatico. Al rientro in Italia, erano seguiti estenuanti mesi di terapia intensiva e clinica di riabilitazione. In quel difficile periodo tutti avevano cercato di sostenerlo in ogni modo possibile, e pian piano la memoria era tornata.

Giorgio aveva pianificato nei minimi dettagli la vacanza ed ora che i ricordi riaffioravano, il tempo peggiorava le cose anziché migliorarle. Proprio questo gli altri non riuscivano a capire. Trascorso un anno, Giorgio, tornato come nuovo o quasi, avrebbe dovuto cogliere al volo quella seconda possibilità.

Nel terribile incidente erano sopravvissuti solo in sei; lei non c’era più.

Gli altri lo chiamavano miracolo, lui lo viveva come una maledizione. Ora che l’aveva persa, ogni esperienza vissuta insieme gli appariva in tutto il suo splendore. Giorgio era la mente, organizzava le loro uscite, si studiava mappe, usi e costumi. Sceglieva quando partire e cosa visitare. Ma lei era una vera e propria guida senza nemmeno bisogno di aprire un libro! Coglieva ogni sfumatura del paesaggio, il più piccolo particolare dei volti, la minima stramberia nelle usanze del posto. Lui come tutti, ben conscio della miseria di alcuni posti visitati per una fugace vacanza, cercava di non badarci perché in fondo era lì solo per divertirsi e rilassarsi. Lei no. Lei scrutava, osservava avvilita, cercava una soluzione ad ogni bruttura e sapeva cogliere il dolce sorriso di un bambino nella peggiore delle favelas.

Giorgio quando sentiva la sabbia sotto ai piedi aveva il solo desidero di sdraiarcisi sopra, chiudere gli occhi e abbandonarsi ad un dolce sonno ristoratore. Figuriamoci se lei era d’accordo! Eh no, bisognava passeggiare, curiosare viuzze e negozietti, ed inforcare quanto prima la maschera da snorkeling, per deliziare l’anima osservando la barriera corallina pullulante di vita.

Cosa avrebbe dato ora Giorgio per ripetere tutto questo insieme a lei! Perché era stato tanto stupido da non accorgersi quanto quei momenti fossero preziosi? Dicono che uno chef sia come un piccolo dittatore che comanda tutti a bacchetta e non dà retta a nessuno. Giorgio invece non aveva mai avuto miglior alleata nel suo lavoro, ed ora senza di lei, sentendosi perduto, aveva abbandonato per sempre i fornelli.

Chi gli voleva bene davvero e ancora non si era stufato dei suoi malumori, dei silenzi e delle sfuriate, tentava di aiutarlo con ogni possibile consiglio: impara quel nuovo mestiere, iscriviti al tal corso, frequenta la palestra e via dicendo.

Lui, sebbene conscio delle loro migliori intenzioni, arrivava perfino a detestarli.
«Lasciatemi in pace! Come fate a non capire? Io non posso, non voglio vivere così!»
E per questo suo atteggiamento, egli era diventato un sorvegliato speciale.

Quel pomeriggio però Stefano era stato costretto a lasciarlo solo, proprio in cima alla bianca falesia, che dominava a picco sulle onde arrabbiate. L’amico dottore era corso in ospedale per un’urgenza operatoria.

«Questo posto è davvero magico, non trova anche lei?»
L’uomo, colto di sorpresa, era trasalito.
«Mi perdoni, non volevo spaventarla! Vengo spesso qui. La scogliera mi regala incontri speciali».
A parlare era stata un’anziana donna. Giorgio, colpito dalla gentilezza nella sua voce, non se l’era sentita di mandarla a quel paese per aver involontariamente interrotto il suo funesto proposito.

«Sì, lo adoravo anche io prima ma ormai, ridotto così, per me non è più lo stesso».
«Giovanotto, le andrebbe di tener compagnia ad una vecchia, curiosa signora? Sicuramente avrà mille cose interessanti da raccontarmi e chissà…forse anche io potrei esserle di aiuto».
E, senza attendere risposta, preso Giorgio sottobraccio, aggiunse: «Se permette, mi appoggerò un pochino a lei nella discesa».

Giorgio sorrise amaramente e abbassati gli occhiali scuri si voltò verso di lei «Mi dispiace ma non posso aiutarla un granché. Forse non se ne è accorta ma io…»
«Si sbaglia caro ragazzo. Anche io come lei non ci vedo, ma il ticchettio del suo bianco bastone è inconfondibile. Non si preoccupi per la strada: ci penserà Miele. È solo che mi dolgono le ginocchia e il suo sostegno sarà prezioso».

Detto ciò la donna esortò l’animale con un leggero movimento del guinzaglio, ed il fedele cane guida partì, più docilmente del solito; sapeva che un nuovo ed inesperto amico si era aggiunto alla cordata.
«Giovanotto, mi racconti com’è successo…»

Racconto pubblicato nel volume “Il libro delle storie finite di amore e di distacco” a cura di Dona Amati per la FusibiliaLibri edizioni. Se ti piacciono le storie di rinascita, prova a leggere “Le statistiche del trenino“.

Una lettura di Francesca Ravioli
Suoni: Soundbible Mike KoenigEngin Alkyurt,
Keywass Full

Chi ha scritto questo racconto

L'ospite: Francesca Ravioli

Classe 1975, moglie orgogliosa di Gio e mamma felice di Nicolò.
Ha una maturità conseguita al liceo linguistico, e una lunga esperienza nel segretariato medico.
Si rilassa con passeggiate in montagna e giardinaggio.
Si diletta con creazioni manuali di bricolage.
Si diverte nella stesura di racconti e nella lettura ad alta voce.