Per una firma

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Per una firma

L’annuncio mortuario sul giornale rispecchiava a pieno la stima di cui quell’uomo aveva goduto in vita. Ridotto ai minimi termini recitava: “Il 10 corrente mese è mancato Mantini Sergio-anni 53- I funerali si terranno il 16, alle ore 15:00, presso la Chiesa…”.

E proprio a causa di questa funzione funebre all’ispettore Ballerino era toccato lo straordinario domenicale.
Alzi la mano chi sceglierebbe volontariamente di lavorare di domenica, passando la giornata tra pianti e dolore! Ma per un ispettore della Omicidi quella era prassi comune, visto che immancabilmente durante tali riunioni forzate di famigliari e amici, o presunti tali, si poteva raccogliere una miriade di informazioni utili a risolvere anche i casi più spinosi.

Fred (ironicamente soprannominato dai colleghi il “Ballerino”, da quando si era lasciato scappare che la mamma il nome lo aveva scelto per la sfrenata passione verso il grande Fred Astaire) quel grigio e piovoso pomeriggio di novembre se ne sarebbe rimasto tanto volentieri a poltrire sotto le coperte, ma il senso del dovere, o forse più che altro l’urgenza di chiudere in fretta quel caso, lo avevano spinto a salire sulla sua vecchia e sgangherata cinquecento per arrivare fino al cimitero, piazzarsi senza ombra di disagio accanto alla fossa ancora vuota ed osservare l’arrivo di tutti quei neri cappotti e cappelli; quello era l’unico modo per farsi un primo quadro generale dei papabili colpevoli coi quali avrebbe avuto a che fare nelle prossime intense settimane.

Alessia, dopo aver acceso il PC, svuotato la cassetta della posta ed essersi appuntata sul viso la maschera di diligente e solerte segretaria, bussava alla porta del capo con in mano una tazza di caffè fumante. Non ottenendo risposta era entrata per lasciare la bevanda sulla scrivania, ed era stato allora che i magazzinieri al piano di sotto avevano udito un urlo agghiacciante ed un tonfo sordo. La poverina non aveva retto alla vista di Sergio ridotto in quello stato ed era svenuta, accasciandosi riversa sul cadavere dell’uomo.

“Dannazione!”
Aveva nervosamente imprecato Ballerino entrando nell’ufficio mezz’ora più tardi. Ma perché toccavano sempre a lui le grane? Mai che trovasse una scena del delitto bella in ordine, che rispettasse tutti i sacrosanti crismi di un omicidio a regola d’arte: il morto in bella vista, l’arma a portata di mano, nessun estraneo ad inquinare le prove, la porta scassinata e magari anche qualche bella impronta.

No, anche sta volta un casino! Almeno dieci persone gironzolavano nella stanza, calpestando il copioso rivolo di sangue che dal collo del cadavere era sceso ad imbrattare il pavimento; quella cretina che non aveva trovato nulla di meglio da fare se non svenire addosso al corpo dell’ammazzato e inevitabilmente lo aveva spostato dalla sua posizione originale; ed infine il caffè che, versato sul volto della vittima, aveva vanificato le speranze anche del miglior agente della Scientifica di riuscire a trovare su di esso qualsiasi frammento d’ impronta dell’assassino.

Il lavoro di routine era stato svolto da Gianni, scrupoloso vice di Ballerino. Egli si era abilmente districato tra raccolta di testimonianze dei presenti sulla scena del crimine, catalogazione di foto e referti della Scientifica, ricostruzione dei 53 anni di vita del defunto, con annessi rapporti famigliari e lavorativi, nonché ovviamente convocazione in caserma per la deposizione di ogni persona che potesse essere collegata alla morte dell’uomo. Il rapporto di tutto questo sbattimento, Gianni lo aveva consegnato a Ballerino 5 giorni dopo la morte della vittima.

E Fred aveva capito: che due palle, qui non se ne usciva manco per Natale! Tutti o quasi avevano un buon motivo per far fuori quello stronzo, e tutti ovviamente avevano un alibi di ferro per l’ora e giorno del delitto. Avrebbe potuto impiegarci mesi a trovare il colpevole e così non gli restava altro da fare che cominciare ad osservarli uno per uno, standogli addosso, attaccato come una sanguisuga, fin dal giorno del funerale.

Eccoli là, tutti in muta contemplazione della bara, ad ascoltare le ultime parole di commiato del prete. In prima fila ovviamente la moglie, sospettata numero uno nella lista dell’ispettore. Che squallore, pensava Ballerino, ormai quando ci scappava il morto i primi ad essere sotto accusa erano i parenti più prossimi e fan culo l’assunto “Innocente fino a prova contraria”. Bella donna la vedova. 45 anni ben portati, un fisico piacente, un’aria vagamente aristocratica. “No agente non l’ho ucciso io. Si meritava di crepare e non verserò una lacrima per la sua morte. Ma sa, io non ho avuto il fegato di lasciarlo quando mi ha messo le corna, figuriamoci quello di ammazzarlo dopo 5 anni! E poi che ci guadagno dalla sua morte? Mi ha lasciata sull’orlo del fallimento. Sarà stato uno dei suoi numerosi creditori, ci metto la firma!”

Vero, la donna aveva un movente ormai vecchiotto; aspettare così tanto per vendicare il tradimento? E poi farlo ora che lui la lasciava con un’attività piena di debiti? Non aveva senso. Alibi a prova di bomba: la mattina del delitto sporgeva denuncia per uno scippo subito in metropolitana.

Accanto a lei il fratello minore del morto. Sul volto quasi un sorriso di malcelata soddisfazione.
“Certo agente, avrei voluto strozzarlo con le mie mani, quel bastardo! Era un despota, un taccagno e ha approfittato del suo ruolo di tutore legale. Quando i nostri genitori sono morti, io avevo 12 anni e lui 20. Per 6 anni ho dovuto subire il suo volere. Firmare per la gita di classe? No, soldi buttati. Firmare per il corso di nuoto? Idem. Per tirarmi fuori di galera, quando avevo commesso un furtarello a 16 anni? “Neanche per sogno! Una notte al fresco gli farà bene!” e intanto lui dilapidava la fortuna di famiglia. Me ne sono andato a 18 anni, con quanto era rimasto della mia parte, e l’ho rivisto ieri nella camera mortuaria.”
Il movente era abbastanza consistente, ma l’alibi inattaccabile: teneva una conferenza informatica davanti a 300 persone.

Un po’ discosta la storica segretaria, quella che lo aveva scoperto per prima e che ora era l’unica a versare due lacrimucce. “Sono sotto giuramento agente? Allora sarò sincera: era un capo odioso, prepotente, ignorante! E se son rimasta alle sue dipendenze per così tanti anni è stato solo per necessità, non certo per affetto o lealtà. In passato gli avevo anche dato le dimissioni, ma lui si era rifiutato di firmarle! Per ignoranza all’epoca non mi ero affidata ad un legale o un sindacato e avevo lasciato perdere. Poi gli anni sono passati e ora dove lo trovo più un lavoro alla mia età, con tre bocche da sfamare e un marito invalido?”
Movente troppo debole, guadagno inesistente e testimonianza dei 4 colleghi circa il suo arrivo in ufficio quella mattina.

Ecco appunto, degli altri 4 dipendenti, 3 magazzinieri e il custode tuttofare, solo quest’ultimo era venuto al funerale.

Era un ometto basso e di mezza età, prossimo alla pensione, dall’aspetto curato e mansueto. “Mi vergogno ad ammetterlo, la sua morte per me è una liberazione. Io però non gli ho torto nemmeno un capello, non avrei potuto per rispetto verso il suo defunto padre, mio sincero amico. Vede Signor Agente, lui mi detestava, perché gli ricordavo il vecchio, dal quale aveva ereditato l’attività. Era stato proprio suo padre a lasciar scritto nero su bianco nel testamento che, qualora il figlio avesse accettato l’eredità non avrebbe potuto licenziarmi fino alla pensione. Ovviamente Sergio me ne ha fatte passare di tutti i colori per costringermi ad andarmene spontaneamente, ma io non ho ceduto, lo dovevo al Vecchio! Un giorno lo avevo provocato: “Se tu firmi la cessione della ditta a tua moglie, io ti firmo le mie dimissioni”. Lui mi ha riso in faccia e ha sputato a terra.”

Il movente forse c’era, ma era sopraffatto dalla lealtà di quell’uomo verso il suo ex datore di lavoro diventatogli amico. Alibi? 30 piccole ballerine e le loro famiglie potevano confermare che l’uomo quella mattina si trovava al saggio di danza dell’adorata nipotina di 5 anni.

Su tutto questo rifletteva Fred, mentre osservava lo sparuto gruppetto, in attesa di un passo falso, una mossa che tradisse un’alleanza segreta, un dettaglio che indicasse la via per arrivare al colpevole. Ma niente. Ognuno era rimasto sulle sue, chiuso nei propri pensieri di rivalsa o di angoscia e la funzione era terminata. L’unico ad accennare un saluto all’ispettore era stato Egidio il custode e poi tutti se ne erano andati così come erano venuti. Anzi no! La vedova, arrivata in taxi, lasciava ora il Camposanto in auto con un uomo. Mm, materia su cui indagare, aveva subito pensato giulivo il Ballerino, rimasto fino ad allora a bocca asciutta. E anche lui si era avviato verso casa, pronto a gustarsi le tagliatelle al ragù cucinate dalla moglie.

Nei giorni seguenti le indagini di Fred erano proseguite in ogni possibile direzione, passando al setaccio vita morte e miracoli del defunto. L’uomo con il quale la vedova si era allontanata dal Camposanto era poi risultato essere il suo amante. Hai capito la santarellina! Alla fine, la sua vendetta personale se le era presa ripagando il marito con la stessa moneta. Ma la pista dell’amante geloso che uccide il marito, era caduta rapidamente davanti all’evidenza sia morale sia di fatto, che Mario l’amante era un pezzo di pane, incapace di far male ad una mosca, onesto e cordiale (l’esatto opposto di Sergio, motivo per cui aveva fatto breccia nel cuore della donna) e, guarda caso, anche lui col suo bravo alibi.

I magazzinieri assenti al funerale erano più o meno sullo stesso piano dei presenti: motivati a volersi togliere dalle scatole Sergio, ma non abbastanza per ucciderlo e in ogni caso salvaguardati da alibi sorprendentemente inespugnabili. Ad un certo punto l’ispettore aveva anche pensato ironicamente che gli pareva di trovarsi in quel remake del film di un romanzo di Agatha Christie, nel quale alla fine tutti avevano un motivo per uccidere il morto e si erano alleati nell’impresa. Ma purtroppo per lui non era così e le indagini avevano man mano scartato ogni possibile colpevole.

Le settimane passavano e il Ballerino, a furia di guardarle aveva ormai impresse a fuoco nella mente le foto scattate dalla scientifica di quell’ufficio (una volta tolta di mezzo la povera segretaria): Sergio steso a terra davanti alla sua scrivania (segno che non si era ancora seduto o si era dovuto alzare, magari per l’arrivo di qualcuno), il collo imbrattato di sangue, un buco netto ed evidente nella giugulare, nessun segno di lotta (tutto lì dentro era in ordine). Esclusa l’ipotesi di un ladro o un tossico che potesse aver seguito l’uomo all’interno della ditta quella mattina: portafoglio pieno, fermacarte d’oro, PC nuovo di zecca, tutto era rimasto al proprio posto.

Il medico legale aveva stimato l’ora della morte intorno alle 6:00. Sergio dunque era arrivato al lavoro molto presto, ancor prima del custode, la ditta era deserta e, trovandosi in aperta campagna, non c’erano testimoni da interrogare. Fred era ad un punto morto e questo lo mandava in bestia! Natale si avvicinava, le uniche due settimane dell’anno di vacanza dietro l’angolo e lui alle prese con un caso di omicidio irrisolto. Tanto valeva cancellare il viaggio prenotato da mesi. Il suo corpo tozzo e sovrappeso (altro che fisico da ballerino!) spaparanzato al sole dei Caraibi, sarebbe rimasto in balia della sua mente, concentrata su Sergio e la sua stramaledetta morte. Se però avesse disdetto la partenza, ci sarebbe stato presto un altro assassinio: vittima l’ispettore, colpevole la moglie esasperata dopo 10 anni di vacanze mancate o cancellate.

23 di dicembre, domani sarebbe stato l’ultimo giorno di lavoro e a Fred veniva da piangere; l’incazzatura aveva ormai ceduto il posto alla totale demoralizzazione. Ballerino era in piedi dalle 5:00, studiava e ristudiava il caso mentre addentava una ciambella nella sua cucina. Al piano di sopra la famiglia dormiva ancora. Alle 6:00 precise un leggero tocco alla porta di casa: era il corriere, fatto venire apposta a quell’ora mattiniera da Fred, onde evitare di farsi scoprire dalla dolce metà, per consegnargli il pacco ordinato, contenente il regalo natalizio per la moglie.
“Firmi qua per il ritiro. Grazie.”
“Pre…”

La parola gli si era smorzata in bocca e la ciambella gli era andato di traverso. Ma come diavolo aveva fatto a non accorgersene prima?! In un baleno se ne era ricordato: il portapenne vintage sulla scrivania di Sergio era vuoto! Un precisino come lui era impossibile tenesse in bella vista un oggetto tanto ricercato, sguarnito della propria preziosa penna. Eccola l’arma del delitto: la penna! E l’orario combaciava: le 6:00 del mattino. Sergio doveva aver ricevuto un pacco da un corriere, essersi alzato a firmare con la sua bella penna la ricevuta di ritiro ed esser stato colpito dall’uomo, il quale poi aveva ben pensato di fuggire portandosi via l’arma.

L’agente Gianni però era stato ligio nello svolgimento del proprio lavoro di indagine iniziale, dalla quale non era emerso nessun ordine di merce né tanto meno alcuna consegna il giorno dell’omicidio. E dunque? Semplice, Sergio si era affidato, come lui quella mattina, ad un servizio di consegna a domicilio non tracciabile, perché diciamo così non proprio in regola. Fred non sapeva come ordinare e ricevere un pacco all’insaputa della moglie e il figlio adolescente gli era venuto in aiuto. . .

“Ma usa ‘Dammi e taci‘. E dai Pà non lo conosci? Funziona con passa parola. Niente PC, SMS, chiamate o pagamenti anticipati. Ti accordi a voce. Ti portano il pacco a casa e paghi alla consegna. Son ragazzetti che lavorano in nero per pochi spiccioli. Sai per quando non ti vuoi far sgamare con roba che scotta.”
“E tu come fai a conoscerlo?! Bè lasciamo stare va! Grazie per la dritta.”

La città era piccola e per un ispettore come lui (tra l’altro già affiliato al servizio!) rintracciare il fattorino di quella consegna era stato un gioco da ragazzi. Era la Vigilia di Natale e Fred si trovava in caserma (la moglie a casa già fantasticava su come ammazzarlo) ad interrogare l’omicida. Era davvero un ragazzetto, come aveva detto suo figlio, poco più che ventenne, magro come un chiodo, con un’espressione stampata in volto che era un misto di ingenuità e pazzia, ed uno strano tic nervoso che lo induceva a spalancare gli occhi senza motivo ogni 5 secondi. “O madonna, questo è completamente andato!” aveva pensato Fred, e aveva ragione.

“Mi dica Filippo, lei si rende conto di quello che ha fatto?”
“Fatto cosa? A chi? Ma io consegno solo i pacchi e stop.”
“La consegna a tal Sergio della ditta Mantini e Figlio. Ricorda? Cosa è successo? Perché lo ha fatto fuori?”
“Ah certo che mi ricordo di quel pirla! Strano tipo sa. Parlava, parlava e vai a dirgli che io avevo da lavorare. 10 consegne mi toccavano quella mattina! Ma niente, sto idiota se ne stava lì a contarmi su i fatti suoi, con sta penna in mano e il foglio sotto al naso, ma non si decideva a firmarmi la ricevuta. Porca bestia lo avrei ammazzato!”
“Ma è esattamente quello che ha fatto Signor Filippo”
“Ué Dottò, piano con le parole né. Stiamo calmi che io non ho ammazzato nessuno. Se escludiamo il gatto di mia sorella.”
“E Lei scusi conficcare una penna nella gola di qualcuno che poi muore dissanguato, come lo chiama? Uno scherzetto?”
“Ma io avevo bisogno di quella firma! Senza la firma a me mica me li danno i soldi per la consegna sa!”

“E dunque Lei ha infilzato il poveretto per questo motivo?”
“Macché infilzato. L’ho solo fatto smettere di parlare, così poteva firmare e io me ne andavo, capisce?”
“E lui ha firmato? Come? Quando?”
“Ma che ne so cosa gli è venuto a quell’imbecille? Me lo sono ritrovato per terra così da un momento all’altro. Però la penna me l’aveva lasciata in mano, si vede che me la voleva regalare per il tempo che mi aveva fatto perdere. Mica così stronzo alla fine! E io me la sono tenuta, ovvio.”
“Ma non si è accorto che era sporca di sangue?”
“Ah era sangue quello? Eh, io che credevo fosse rossetto. Sa ci sono dei tipi davvero strani in giro, a cui piace di pitturarsi le labbra come le donne di strada: che schifo!”

“Ma lei se ne è andato via così, lasciandolo lì a terra? E la firma così indispensabile, che non aveva ottenuto?”
“O bè la firma me la son fatta da me medesimo, tanto ormai c’avevo la penna e so scrivere, cosa crede? Son mica scemo!”
“Capisco. Allora se per cortesia mi firma la deposizione.”
“Dottò, scusi se mi permetto sa, ma sta bella penna… che me la regala? Domani è Natale e la rifilo alla mia ragazza.”
“Nessun problema Filippo. La tenga pure.”
“Adesso posso andare? Sa c’avrei delle consegne urgenti da fare, assolutamente entro questa sera!”
“Va bene. Però La faccio accompagnare dal mio agente.”

“Gianni! Accompagni per favore il Signore… Lei sa dove, va bene? E chiami Lei un avvocato d’ufficio. Io me ne vado a casa. Ci vediamo tra due settimane. Quest’anno si va in vacanza: Caraibi! Mia moglie non ci crederà…”
“Buone vacanze Dottò! Beato Lei!”
“Grazie Filippo. Arrivederci.”

Racconto partecipante al concorso “Lucenera 2019” e pubblicato nell’antologia del premio “La Cassa”, Sensoinversoedizioni.
Scopri altri racconti gialli e noir nella sezione “brivido“.

Una lettura di Francesca Ravioli
Suoni: Soundbible Daniel Simion, ERH, FreqMan, Mike Koenig, Ca9

Musiche incompetech.com: “Hot Swing” e “Bassa Island Game Loop” di Kevin MacLeod

Chi ha scritto questo racconto

L'ospite: Francesca Ravioli

Classe 1975, moglie orgogliosa di Gio e mamma felice di Nicolò.
Ha una maturità conseguita al liceo linguistico, e una lunga esperienza nel segretariato medico.
Si rilassa con passeggiate in montagna e giardinaggio.
Si diletta con creazioni manuali di bricolage.
Si diverte nella stesura di racconti e nella lettura ad alta voce.